In Val Pellice, prima dell’edificazione dei “bunker” del Vallo Alpino al Col Content ed al Col Barant, la struttura fortificata più vicina al confine con la Francia era il Forte Mirabouc, di cui purtroppo oggi rimangono ben pochi resti, che quasi sempre passano inosservati agli occhi degli escursionisti.
Oltrepassato l’abitato di Villanova, risalendo verso la Conca del Pra, si giunge alla località Mirabouc1, nel punto esatto ove la carrozzabile incrocia il sentiero che sale direttamente dall’abitato di Villanova. Con un’osservazione attenta può ancora scorgersi, sulla roccia a monte, la scritta rossa ormai sbiadita che indicava l’esistenza del Forte Mirabouc e la quota altimetrica (1410 m. s.l.m.), del quale, alzando lo sguardo, si distinguono i resti del bastione più basso.
Il nome potrebbe derivare dal dialettale “meira” – tesa ad indicare la baita in pietra tipica delle alpi occidentali dove si migra d’estate al seguito delle greggi – e “bouc”, caprone.
Il Forte di Mirabouc fu edificato, probabilmente intorno all’anno 1565, su ordine del duca Emanuele Filiberto di Savoia e di Sebastiano Grazioli di Castrocaro, governatore della Val Pellice per conto del duca, non tanto al fine di impedire un’invasione francese, bensì allo scopo di affiancare il Forte Santa Maria nel prevenire, impedendoli, i contatti tra i valdesi delle valli Pellice, Angrogna e Germanasca con i correligionari del Quéyras.
L’edificazione del forte, quindi, porta con sé una pluralità di motivazioni. Dopo il trattato di pace tra Francia e Spagna del 1559 a Cateau-Cambrésis, il Duca di Savoia rientrava in possesso di buona parte dei territori che furono dei suoi antenati e aveva la necessità impellente di “costruire uno Stato”. Per far ciò, l’esigenza primaria consisteva nell’erigere un sistema di fortificazioni che permettesse la difesa dall’esterno ed il controllo.
Dopo varie vicissitudini fra il XVI ed il XVIII secolo il forte venne demolito ad opera di rivoluzionari francesi nel corso di un’azione bellica oltre confine nel 1794.
Bibliografia
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- SCOTTI A., Ascanio Vittozzi ingegnere ducale a Torino, La nuova Italia Editrice, Firenze, 1969